Endometriome e lo studio del microbiota endometriale come alleato nel successo riproduttivo.

Negli ultimi anni ha preso piede lo studio del microbiota umano, è stato visto in numerosissimi lavori come la simbiosi con questi microrganismi “buoni” sia di aiuto per la salute dell’organismo ospite.

Joshua Lederberg, nel 2001, definì microbiota l’insieme di tutti i microrganismi che risiedono nel corpo e microbioma il suo corredo genetico.

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Si può intuire l’importanza del microbiota già solo per il fatto che il numero delle cellule microbiche che lo compongono è dieci volte quello delle cellule del corpo umano, con una biomassa pari a circa 1,5 kg, in più esso è talmente integrato nell’ospite da interagire con il sistema metabolico ed immunologico (Lee YKL, Science, 2010).

Il microbiota ci accompagna dalla nascita, viene rinforzato ed ampliato durante l’allattamento, fino a diventare più o meno stabile in età adulta. Sebbene di base esso sia formato da microrganismi comuni per tutti, lo stile di vita, la dieta, l’uso di farmaci (in particolare gli antibiotici), i cicli ormonali, i viaggi, l’igiene personale ecc. lo fanno variare così tanto da renderlo unico, divenendo una specie di ulteriore "impronta digitale" di un individuo.

La relazione simbiotica tra uomo e microbiota è conosciuta da molto tempo, per anni, però, è rimasta limitala la conoscenza del suo ruolo fisiologico a causa dell’uso di metodologie basate sulle colture, poiché queste non riescono ad evidenziare molti microrganismi. Lo sviluppo di tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS) ne ha fatto letteralmente esplodere lo studio, sono stati istituiti interi progetti su di esso, come per esempio The Human Microbiome Project negli Stati Uniti e il Metagenomics of Human Intestine (mataHIT) in Europa, mettendo alla luce come questo “organo” riesca ad influenzare la risposta immunitaria, il metabolismo degli alimenti e addirittura l’umore.

Abbastanza di recente è stato visto il ruolo di alcuni microrganismi nel rilevare il cancro colon-rettale (Andrew Maltez Thomas et al., Nature Medicine, 2019) e la relazione tra il microbioma cervico-vaginale e il rischio di cancro ovarico (Nuno R Nenè et al., The Lancet Oncology, 2019). I dati ottenuti da tutte queste ricerche hanno rivelato che molti dei siti del corpo umano che erano considerati sterili, come per esempio la cavità uterina e la placenta, sono colonizzate da un proprio microbiota unico (Moreno et al., 2017).

Il microbioma endometriale, in condizioni normali, presenta come specie colonizzante preponderante il Lactobacillus (più del 90%) e se questo equilibrio batterico viene conservato favorisce il successo riproduttivo e aumenta le chances di impianto dell’embrione (Cicinelli et al., 2015). Un esempio di patologia causata da un’alterazione del microbiota endometriale è l’endometrite cronica (CE), caratterizzata da un’infiammazione persistente delle mucose, non evidenziabile dall’ecografia e spesso asintomatica. L’endometrite cronica sembra essere alla base dell’insuccesso riproduttivo, infatti è presente nel 60% delle donne con aborti ricorrenti e nel 66% delle donne che non riescono ad avere un bambino.

Endometriome è un test ideato per donne con questo tipo di problemi o con una sospetta endometrite cronica. L’esame studia l’rRNA 16S, presente solo nei batteri, caratterizzato da regioni ipervariabili specifiche per ogni batterio. il test consiste nell’utilizzo di Next Generation Sequencing (NGS) per produrre un profilo del microbioma edometriale. Il workflow prevede l’estrazione e l’amplificazione dell’acido nucleico e il suo sequenziamento attraverso barcoded sequencing delle 7 regioni ipervariabili di 16S.

Endometriome permette di stabilire quando l’ambiente microbico uterino è ottimale per l’impianto embrionale, nel caso in cui l’esito del test sia positivo lo specialista può consigliare un trattamento probiotico/antibiotico o un regime alimentare utile a ristabilire l’ambiente microbico ottimale.